mercoledì 28 ottobre 2015

Intro al fumetto su Gramsci in preparazione

Antonio Gramsci venne arrestato a Roma la sera dell’ 8 novembre 1926, poco dopo essere uscito da palazzo di Montecitorio, dove aveva preparato, assieme al gruppo parlamentare comunista, la seduta del giorno successivo. Avrebbero contestato la “legge sulla pubblica sicurezza” che di fatto metteva fuorilegge tutti i partiti politici tranne il Partito Fascista. 
Inizia per lui, quella sera, un calvario che durerà dieci anni e si concluderà con la sua morte il 27 aprile del 1937.
Comincia quasi subito a scrivere ai familiari per comunicargli la condizione in cui si trova e, via via, le cose che gli accadono durante la detenzione.
In attesa del processo e di conoscere i capi di accusa che sono mossi contro di lui e contro la dirigenza del partito di cui è segretario, vivrà alcuni mesi in un limbo. Non sa di cosa è accusato precisamente, né quale possa essere la sua pena; non sa dove sconterà gli anni di carcere che gli verranno inflitti, né quanti anni saranno stabiliti dal giudice che lo condannerà. E’ solo intimamente certo di venire, alla fine del processo, condannato.
Racconta questi mesi ai familiari in una trentina di lettere cariche di dettagli e di suggestioni. Scrive della durezza dell’isolamento che patisce a Regina Coeli e della paura di essere trasferito nelle colonie italiane in Somalia; del viaggio di trasferimento, prima in treno e poi in nave, verso Ustica attraverso le carceri di Napoli e di Palermo, e della vita al confino usticese dove condividerà le giornate con altri confinati politici, con tanti confinati comuni e con gli abitanti del posto. Tra i compagni di confino sull’isola siciliana ci sarà Amadeo Bordiga, primo segretario del Partito Comunista d’Italia contro cui, nel gennaio di quello stesso 1926, aveva ingaggiato una battaglia congressuale nella città francese di Lione. Avranno modo di parlare di politica, ma anche di consolidare il legame umano che non fu scalfito dallo scontro durissimo di quegli anni .
Il racconto si conclude a Milano, dove Gramsci viene trasferito agli inizi del 1927 e dove arriva dopo un viaggio durato 19 giorni che lo prova fisicamente e psicologicamente.

La trasposizione a fumetti delle prime 32 “Lettere dal Carcere” di Antonio Gramsci è un “viaggio sotterraneo” nell’Italia della repressione fascista nei confronti dei politici di opposizione, dai parlamentari ai militanti socialisti, comunisti e anarchici di ogni estrazione sociale, così come nei confronti dei deportati dalle colonie dell’Impero (incontra ad Ustica i beduini della Cirenaica);
Ma è anche il viaggio in cui Gramsci si rende conto e descrive l’infinità di culture regionali da cui è composta l’Italia, le tante lingue e la enorme mole di racconti e credenze popolari, di abitudini millenarie e di credenze magiche.
E non può fare a meno di intraprendere una riflessione su tutto questo, di cui ancora lascia solo velocissime tracce scritte. Dice chiaramente alla cognata Tania di essere “ossessionato” da tutto ciò che vede e da tutti quelli che incontra. Gli ricordano “l’inferno” di Dante, ma anche la grande letteratura europea di Tolstoj e Goethe fino a persuaderlo di doversi dedicare in modo più sistematico a quel “mondo sotterraneo” e alla relazione che deve pur esserci tra questo e la parte più importante della storia e della cultura europea.

“(…) sono assillato (è questo fenomeno proprio dei carcerati, penso) da questa idea: che bisognerebbe far qualcosa “fur ewig”, secondo una complessa concezione di Goethe, che ricordo aver tormentato molto il nostro Pascoli. Insomma, vorrei, secondo un piano prestabilito, occuparmi intensamente e sistematicamente di qualche soggetto che mi assorbisse e centralizzasse la mia vita interiore. Ho pensato a quattro soggetti finora, e già questo è un indice che non riesco a raccogliermi
(…)
In fondo , a chi bene osservi, tra questi quattro argomenti esiste omogeneità: lo spirito popolare creativo, nelle sue diverse fasi e gradi di sviluppo, è alla base di essi in misura uguale.”

Il fumetto si interrompe con questa lettera, quella del “fur ewig” in cui Gramsci annuncia a Tania che vuole intraprendere un lavoro di tipo intellettuale che sia “disinteressato” rispetto alle immediate vicende politiche e che sia , appunto , “per sempre”.

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